Hub energetico, l’ora delle scelte
Il 27 maggio scorso il primo canale della Tv svedese (il servizio è pubblicato sulla pagina Facebook del Roca @ROCAoilandgas) ha mandato in onda un servizio girato a Ravenna e in particolare davanti alle coste di Marina di Ravenna. La domanda che la giornalista ha posto con una certa insistenza e con altrettanto stupore a Franco Nanni (presidente del Roca) e al sindaco Michele de Pascale è stata questa: come mai voi che avete miliardi di metri cubi di gas qui sotto (il riferimento era all’Adriatico) non l’estraete e preferite comprarlo dall’estero?
I Paesi del Nord Europa (dove includiamo l’Inghilterra, ma escludiamo la Germania per i motivi che poi vedremo) sono indicati da decenni come esempi di lungimiranza politica, attenzione al sociale e all’ambiente, buone pratiche. Oggi sono i Paesi che guardano con meno preoccupazioni al blocco eventuale dell’export del gas russo. Loro, petrolio e gas lo estraggono tranquillamente e spesso grazie alle piattaforme costruite a Ravenna: ne è un esempio Tyra II, piattaforma partita dai cantieri Rosetti Marino a metà marzo per il Mare del Nord dove contribuirà a rendere la Danimarca autosufficiente sul fronte del gas.
Rosetti e Righini producono anche impianti per l’eolico francese e inglese. In quest’ultimo Paese l’Eni sta realizzando il più grande progetto di decarbonizzazione esistente al mondo: in Italia le disposizioni governative non le consentono di avviare un piano di cattura, riutilizzo, stoccaggio di CO2 sfruttando i giacimenti non più operativi di gas presenti in Adriatico.
L’atteggiamento dei vari Governi italiani davanti al tema dell’energia è almeno coerente da oltre 20 anni. Nel 1994 vennero prodotti al largo di Ravenna 21 miliardi di metri cubi di gas, da allora è stata una discesa produttiva a rotta di collo, fino ad arrivare ai 2,2 miliardi di mc del 2021, e a fine 2022 saranno ancora meno. “Dobbiamo fare i conti con il piano delle aree estrattive – ricorda Nanni del Roca – ma è un documento scritto dai no-triv che sono al Governo. Con quel piano non si va da nessuna parte”.
Abbiamo smesso di produrre gas per cominciare a importarlo e in grande quantità perché il nostro Paese consuma 70 miliardi di metri cubi di gas l’anno e ne produce complessivamente poco più di 3. La Russia, naturalmente, è uno dei maggiori fornitori: nel 2021 abbiamo comprato da Mosca 30 miliardi di metri cubi di gas, pari al 38,2% del necessario.
“Di estrazioni di gas si parla poco, ma questa era una tragedia economica già prima della guerra. La Russia l’ha solo aggravata. È assurdo che noi ogni anno trasferiamo all’estero 10 miliardi di euro per comprare gas. È tutto Pil che potevamo fare da noi” dice Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia.
Da anni Ravenna chiede la riattivazione delle
estrazioni di gas in Adriatico e la costruzione di nuove piattaforme: il fondale marino conserva da 100 a 300 miliardi di metri cubi di gas. Oro di questi tempi, in cui tra minacce, bombe, sanzioni, tragedia umanitaria ci si pone anche il tema dello stop delle forniture del gas russo.
Qui vengono alla luce gli interrogativi legati alla corsa italiana al gas moscovita che ha caratterizzato gli ultimi decenni.
“Viene il sospetto – ha dichiarato il sindaco de Pascale alla tv svedese – che alcune potenze internazionali abbiano influenzato certe decisioni prese in Italia e in Germania, che hanno distrutto le produzioni interne per acquistare gas da queste potenze”.
E dire che Ravenna è compatta nel chiedere la ripresa delle estrazioni, accanto al sostegno al progetto Agnes per l’eolico e il fotovoltaico a mare. Dai sindacati alla Camera di commercio e alle associazioni di categoria passando per quasi tutte le forze politiche c’è unanimità di pensiero.
“Bloccare le trivellazioni, non ha significato solo mettere a repentaglio l’economia locale e regionale, ma comporterà conseguenze ben più gravi, prima tra tutte la non autosufficienza energetica del nostro Paese” commenta il commissario straordinario della Camera di commercio, Giorgio Guberti. Lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico prevede che “il completo soddisfacimento della richiesta energetica non possa essere coperto, né ora, né nei prossimi decenni, dalle sole fonti alternative. I Paesi esteri inoltre imporranno sempre più di realizzare commesse all’interno dei propri confini nazionali, con conseguente drastica riduzione di quella quota di domanda che negli ultimi anni ha consentito ad alcune aziende italiane, e ravennati in particolare, di andare avanti”.
Il Paese ha bisogno, per gestire la transizione energetica, del distretto ravennate. “Rinunciare a questo patrimonio di professionalità – aggiunge Guberti – e alle risorse energetiche del mare Adriatico avrebbe ricadute disastrose per il territorio romagnolo e l’ intero paese, ancor più dopo la crisi innescata dall’ emergenza sanitaria. Il nostro territorio in particolare, e l’Emilia-Romagna tutta, possono giocare un ruolo da protagoniste nello sviluppo sostenibile, a patto che si arrivi al rilascio di nuove concessioni per l’ estrazione di gas naturale. Occorre una visione di lungo periodo sul futuro energetico e industriale del nostro Paese, sfruttando le risorse naturali e pulite che abbiamo a disposizione, come il gas metano, e la grande competenza tecnologica sviluppato dalle aziende ravennati che operano in questo settore. Quindi, avanti con estrazioni, rigassificatore navale, rinnovabili e progetto CCUS”.
“A Ravenna, sia per quanto riguarda le fonti energetiche tradizionali sia soprattutto per le rinnovabili, è già tutto pronto. Parliamo non solo della ripresa delle estrazioni di metano e rigassificatore, ma anche di parco eolico e fotovoltaico galleggiante, idrogeno verde, cattura e stoccaggio della CO2. E Confindustria Romagna ribadisce, ancora una volta con forza e decisione, il proprio supporto e so-stegno alla proposta di fare di Ravenna hub per il rigassificatore, nella convinzione che sia indispensabile” commenta Roberto Bozzi presidente degli industriali.
“Un eventuale stop delle forniture di gas dalla Russia produrrebbe uno shock sui volumi necessari a industria e servizi e farebbe crescere ancora i costi energetici. Imponendo al Pil italiano una frenata del 2% in media l’anno nell’orizzonte 2022-2023” ha ricordato a fine maggio il Centro studi di Confindustria.
Ma cosa stiamo facendo per cercare di porci al riparo dal venir meno di 30 miliardi di metri cubi annui di gas?
Se si guarda bene la realtà, ci accorgiamo che si fa ben poco. L’impressione è che il Governo preferisca scommettere su Putin e che il gas resti fuori dalle strategie della guerra che porta avanti in Ucraina.
Se così fosse, sarebbe ancora più grave per noi perché vorrebbe dire che nemmeno questa volta ci daremo una vera e propria politica energetica.
Due mesi fa il premier Draghi ha annunciato una strategia basata sull’aumento dell’acquisto di gas da altri Paesi come Algeria Mozambico, aumento di rigassificatori su nave, slancio alle rinnovabili, nuova produzione nazionale di gas per 2,2 miliardi di mc di gas. A oggi, l’unico passo in avanti sono gli accordi sottoscritti in Algeria e Mozambico.
Di produzione di gas nazionale si tace nella maniera più totale, l’ideologismo non muta.
Le rinnovabili? L’entrata in attività produttiva di Agnes è prevista nel 2027, tra 5 anni. Vedremo le semplificazioni quanto tempo faranno risparmiare ma qualche dubbio c’è.
Il paradosso maggiore sono le navi Fsru, quelle che portano a bordo i serbatoi per la rigassificazione del gas che arriva sempre via mare.
La Snam ha annunciato l’acquisto della nave metaniera ‘Golar Arctic’ da Golar Lng, che si è impegnata a convertirla a unità di stoccaggio e rigassificazione (Fsru), per 269 milioni di euro, tempo di lavoro 2 anni. Verrà collocata nell’area portuale di Portovesme, in Sardegna.
Poco o nulla si sa di Piombino e Ravenna, le due località considerate ideali per posizionare navi rigassificatrici.
A Piombino ci sono forti obiezioni per la Fsru sarebbe posizionata per alcuni anni dentro al porto in attesa della costruzione di un apposito impianto a mare.
A Ravenna c’è un nuovo paradosso. Come ha riconosciuto il ministro Cingolani, la possibilità di collaborare con un privato avrebbe dovuto accorciare i tempi di messa in produzione di un rigassificatore navale. Il privato in questione è il Gruppo Pir che ha già costruito un rigassificatore Gnl di medie dimensioni in area portuale. La società ha un impianto al largo dove le navi potrebbero attraccare e collegarsi alla rete gas presente nell’impianto. Invece no. Snam sta valutando altre due ipotesi legate all’utilizzo di piattaforme per installare i rigassificatori. La differenza: utilizzare subito la rete esistente contro almeno alcuni anni di lavori per adattare le piattaforme.
Come finirà? Il ciclo delle stagioni fa il suo corso. Tra 5 o 6 mesi torneremo ad avere bisogno di gas per riscaldarci, le industrie continueranno a consumarlo per produrre beni, le bollette non caleranno. Che inverno ci aspetta, prof. Tabarelli? “Freddo, forse più freddo dell’anno scorso. Corriamo il rischio di interruzioni nelle forniture”.
A regime il nuovo Terminal accoglierà circa 300.000 passeggeri l’anno, la grande parte in ‘home port’ cioè con Ravenna quale porto di inizio/fine crociera – con tutto ciò che questo può significare in termini di opportunità per il territorio in relazione a soggiorni pre e post crociera – in collaborazione con il sistema aeroportuale regionale, in particolare con gli Aeroporti di Bologna, Forlì e Rimini. Il progetto, che sarà realizzato a Porto Corsini, interessa complessivamente una superficie di circa 182.000 metri quadri suddiviso in due sub-aree: la prima che riguarda i servizi all’area del terminal crociere, pari a circa 62.000 metri quadri; la seconda riguarda il verde e le attrezzature turistico ricettive, pari a circa 120.000 metri quadri, con la realizzazione del Parco delle Dune.
Il progetto di quest’ultimo riqualifica e valorizza l’area retrostante il terminal e viene realizzato dall’Autorità di Sistema Portuale con l’obiettivo di conciliare dal punto di vista della sostenibilità ambientale le funzioni crocieristiche con il contesto urbano. L’area, per una superficie complessiva di 12 ettari, sarà infatti concepita come un progetto unitario dove spazi a verde pubblico attrezzato si intrecciano a una serie di servizi e attrezzature a supporto dell’area del terminal crociere. Il punto di partenza nel ripensare a questo luogo sarà la continuità con gli elementi di naturalità che caratterizzano il sistema costiero. Costo dell’investimento di 6 milioni di euro interamente a carico dell’Autorità di Sistema Portuale.
Gli investimenti favoriranno le possibili ricadute a seconda che si tratti di un homeport o un porto di transito/scalo, dove la nave si ferma in porto per una certa quantità di ore prima di ripartire per la seguente destinazione dell’itinerario.
Per quanto riguarda le opportunità di lavoro, saranno necessari piloti e ormeggiatori per i servizi tecnico-nautici, personale di vigilanza e controlli di sicurezza per i servizi terminalistici, fornitura di beni e servizi alla nave (acqua, smaltimento rifiuti, provviste alimentari), servizi per accoglienza passeggeri ed equipaggio e bunkeraggio. Per garantire la sostenibilità ambientale nella gestione della Stazione Marittima, sarà realizzato un sistema di elettrificazione delle banchine (Cold Ironing) che permetterà alle navi in sosta di spegnere i motori e alimentarsi tramite energia elettrica. Il sistema allo studio avrà la capacità di 16 MVA e sarà realizzato in project financing in collaborazione con importanti operatori del settore energetico. Il tutto per un investimento da 28 milioni di euro.
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