La rilevazione sulle forze lavoro
2021: le nuove stime di ISTAT
Di Fabiola Licastro*
Nel corso del 2021, Istat ha rivisto la Rilevazione sulle Forze di lavoro, apportando cambiamenti metodologici importanti, anche al fine di migliorare il grado di armonizzazione delle statistiche prodotte dai diversi Paesi dell’Unione Europea. I dati diffusi nella presente analisi utilizzano le nuove stime di Istat che oltre a recepire i cambiamenti richiesti dal nuovo regolamento europeo, integrano anche il passaggio alla nuova popolazione censuaria.
A livello provinciale, l’Istat ha fornito la ricostruzione delle serie storiche solo dal 2018, con la diffusione per il momento del dato medio annuale. Pertanto, il confronto temporale con i dati elaborati con la precedente metodologia è da effettuare con le opportune cautele. Inoltre, occorre tenere presente anche l’errore campionario della rilevazione, soprattutto per quanto riguarda le stime dei dati a livello provinciale.
Il quadro economico e sociale in Italia, in linea con quanto rilevabile a livello provinciale, si presentava eccezionalmente complesso e incerto: al rallentamento congiunturale osservato nel corso del 2019, anche in conseguenza di fattori internazionali, dall’inizio del 2020 si è sovrapposto l’impatto delle misure di contenimento della crisi sanitaria generata dal Covid-19. Se dal punto di vista sanitario queste misure sono state necessarie per riuscire a contenere e progressivamente ridurre i contagi ed i decessi, dal punto di vista economico hanno determinato effetti negativi dal lato della domanda e dell’offerta, portando in recessione l’economia. Un primo riscontro dell’effetto della pandemia sul mercato del lavoro è stata, nel 2020, la riduzione delle forze di lavoro e l’aumento delle non forze di lavoro (o popolazione inattiva). Questi movimenti hanno colto l’uscita di alcune categorie di lavoratori dal mercato del lavoro, imposta dal lockdown, che nella popolazione non attiva risultavano non più disponibili a lavorare o, scoraggiati, addirittura non cercavano più una occupazione. Ma l’evidenza maggiore si riscontra con il significativo calo dell’occupazione, determinando una consistente fuoriuscita dal mercato del lavoro, colpendo le realtà più fragili ed esposte.
Nel 2021, con l’allentamento progressivo delle misure sociali restrittive ed il proseguimento della campagna vaccinale, nonostante l’andamento ad ondate della pandemia, dal lato dell’offerta di lavoro si è assistito ad un aumento occupazionale e, con il calo degli inattivi, ad un parziale rientro sul mercato del lavoro, grazie alla ripresa economica che ha caratterizzato quasi tutti i comparti di attività, quando crisi energetica e conflitti geopolitici non avevano ancora colpito duramente, mentre il problema della scarsità di materie prime stava già emergendo prima della chiusura dell’anno per la ripartenza globale.
Secondo i nuovi dati Istat sulle Forze-Lavoro, a fine dicembre 2021, la popolazione attiva della provincia Ravenna è risultata pari a 183 mila unità; per le forze di lavoro (o popolazione attiva) si registra, rispetto all’anno precedente, un aumento di 5.132 unità (+2,9% in termini relativi), riconducibile da una parte alla crescita degli occupati con 6.014 lavoratori in più, pari a +3,6%. In senso opposto, diminuiscono i disoccupati (-883), pari a -7,2%. Aumentano sia le forze di lavoro femminili (+1.500 donne), ma tengono di più quelle maschili (+3.631 uomini); il tasso di attività, tra i 15 e 64 anni, sale al 74,1% (era 72,2% l’anno prima).
Il confronto con i territori più ampi di riferimento, evidenzia che questo tasso per Ravenna, nel 2021, è superiore sia rispetto al corrispondente valore regionale (72,5%), che a quello nazionale ed in quest’ultimo caso di più di 9,6 punti percentuali (64,5%). Ma per l’anno 2020 era sopraggiunta la “variabile” covid ad influenzare negativamente e pesantemente l’offerta di lavoro, nonostante le tutele messe in campo dal Governo per limitarne i danni. Rispetto al 2019, invece, la popolazione attiva ravennate perde 232 unità, a causa del calo dei lavoratori (-3.169 unità e -1,8% la velocità relativa) e del contemporaneo pesante aumento dei disoccupati (+2.937 in termini assoluti e +35,1% in termini relativi). Resistono le forze-lavoro maschili con 1.071 unità in più, ma perdono 1.303 donne quelle femminili.
Per quanto riguarda la stima complessiva degli inattivi, nel 2021 in provincia di Ravenna è in calo
(-4.618 unità e -7%) rispetto al 2020 e per entrambe le classificazioni di genere, ma in maniera più incisiva per gli uomini: -3.184 e -12% per la componente maschile e -1.433 e -3,6% per quella femminile. Il tasso complessivo di inattività (15-64 anni) scende a 25,9% ed era 27,8% nel 2020. Dopo il consistente aumento registrato nel 2020, nel 2021 il numero di inattivi tra 15-64 anni torna a diminuire.
Se il confronto è rispetto al 2019, gli inattivi calano (-203 unità), ma solo grazie alla componente maschile (-1.326 unità) perché quella delle donne invece aumenta (+1.123 unità).
Per la disoccupazione, si rileva una diminuzione delle persone in cerca di lavoro, rispetto al 2020 e secondo le stime Istat (-883 unità complessive). Il dettaglio ci fa scoprire che tale risultato deriva in particolare dall’andamento delle donne: calano di 909 unità le disoccupate, mentre per i maschi disoccupati c’è sostanzialmente una tenuta (+27).
In discesa il tasso di disoccupazione complessivo: si è portato al 6,2% ed era 6,9% quello del 2020. I valori medi regionale e nazionale complessivi risultano rispettivamente pari a 5,5% e 9,5%; l’anno precedente erano 5,9% per l’Emilia-Romagna e 9,3% per l’Italia. Per la provincia di Ravenna, scende un pochino il tasso di disoccupazione maschile che risulta pari a 4,6% (era 4,7% l’anno precedente); quello femminile cala di più, arrivando ad 8,2%, quando era a quota 9,4% nel 2020.
Rispetto al 2019, aumentano i disoccupati sia in totale (+2.937) che per entrambi i generi (+1.485 i disoccupati e +1.452 le disoccupate) e, conseguentemente, tassi di disoccupazione in crescita.
Nella nostra provincia, nel 2021 si evidenzia un significativo aumento dell’occupazione, rispetto all’anno precedente, di +6.014 unità; la componente maschile cresce di 3.605 individui e l’occupazione femminile guadagna 2.410 lavoratrici. Dal lato dell’offerta di lavoro, il confronto con l’anno precedente evidenzia anche il maggior recupero dell’occupazione dipendente, aumentata del +4,4%; gli occupati indipendenti realizzano un +1,2%.
Il tasso di occupazione totale recupera salendo al 69,4%, ed era 67,2 l’anno prima, evidenziando un aumento di più di due punti percentuali.
Il tasso di occupazione femminile sale a 62,2% (era 60,4%) e quello maschile a 76,5% (era 73,9%).
Il tasso di occupazione complessivo provinciale si colloca al di sopra di quello medio regionale (68,5%) ed anche a quello medio nazionale, che risulta 58,2%.
Diverso risulta il confronto con l’anno pre-covid: cala l’occupazione complessiva di 3.169 unità, soprattutto a causa della componente femminile che perde 2.755 lavoratrici, mentre per gli uomini la flessione risulta decisamente più contenuta (-414 occupati).
In calo sia la componente dei rapporti di lavoro dipendente (-1,9%) che quella dei lavoratori autonomi (-1,4%).
Nel confronto con il 2019, i tassi di occupazione sono in calo, soprattutto per la componente femminile: gli effetti del Covid-19 permangono di maggior impatto sulla sfera occupazionale delle donne, che risultano impiegate in alcuni dei settori più colpiti dalla crisi economica, ad esempio, tra gli altri, i settori del turismo, del commercio al dettaglio, ecc…, colpendo realtà più fragili ed esposte del mondo del lavoro e maggiormente coinvolte in attività precarie, come giovani e con contratti a tempo determinato.
L’andamento dell’occupazione è differenziato nei principali settori di attività, nel confronto con l’anno precedente: secondo i nuovi dati dell’Istat, crescono gli occupati dell’agricoltura (+1.899 posti di lavoro e +21,4% la variazione percentuale), quelli delle costruzioni, sulla scia del superbonus e bonus vari (+1.783 unità e +21,4%) e del commercio (+4.824 e +21,1%); diminuiscono invece nell’industria in senso stretto (con 2.379 posti in meno e -5,8%) ed un po’ anche nel settore degli altri servizi (-112 unità, -0,1%). Nel confronto con il 2019, rimane positivo l’andamento degli occupati in agricoltura (+2.347 persone e +27,9%) e nel commercio (+1.985; +7,7%), ma diventa negativo anche l’andamento dell’occupazione nell’edilizia con 706 occupati in meno (-6,5% la variazione percentuale), oltre che per l’industria (-1.044 unità e -2,6%) e, come ci si aspettava, per il variegato comparto degli altri servizi (-5.750 e -6,4%) che ha risentito moltissimo delle varie ondate pandemiche.
*Responsabile Servizio Studi-Statistica-Prezzi-Protesti-Brevetti e Marchi
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